“Potete immaginare, creare e costruire il luogo più meraviglioso della terra ma occorreranno sempre le persone perché il sogno diventi realtà.” Walt Disney

L’individuo è l’essere che per eccellenza si caratterizza per l’importanza del contatto con l’altro. “Nessun essere umano è un’isola” e di conseguenza nessuna persona potrebbe mai vivere la propria vita senza alcun confronto o nessuna transazione con altri esseri umani. Per potersi evolvere l’uomo ha bisogno del contatto con altri esseri umani (Mazzucchelli, 2013).  Ogni persona è istintivamente portata ad instaurare relazioni sociali, e questo assunto di base non è di certo nuovo, in quanto già Aristotele definì l’uomo “un animale sociale”. Ognuno di noi, infatti, nel corso della propria vita instaura migliaia di relazioni, dalle più importanti, e dunque relazioni familiari ed amicali, alle conoscenze occasionali o quegli incontri con persone che non rivedremo mai più (Gargione, 2015).

La prima relazione per eccellenza che ogni persona instaura dal momento in cui viene al mondo è la relazione col proprio caregiver.

Bowlby ha teorizzato che, entro il primo anno di vita, i bambini costituiscono un tipo di connessione psichica con i loro caregivers attraverso la cosiddetta relazione d’attaccamento, la quale è la base dei comportamenti umani, ovvero, come afferma lo stesso autore, non è altro che una predisposizione biologica universale. Il bambino possiede come motivazione primaria quella di attaccarsi a una figura privilegiata, di accudimento e conforto, con la quale instaurare un legame d’attaccamento come sistema di controllo dell’equilibrio tra vicinanza ed esplorazione. Al riguardo è fondamentale la differenza tra “legame” di attaccamento e “comportamenti” di attaccamento: il legame, infatti, esiste a prescindere dai comportamenti. Questi ultimi perdono via via la loro pregnanza, dunque l’attaccamento viene interiorizzato mediante i Modelli Operativi Interni (MOI), che avranno influenza anche sulle successive relazioni (Bowlby, 1969).

In riferimento all’importanza delle relazioni sociali, Berne parla di “fame di stimolo” nei suoi scritti, descrivendolo come bisogno fondamentale dell’individuo (Berne, 2017), spiegando questo concetto attraverso le ricerche svolte da Rene Spitz sui bambini dell’orfanotrofio. Tali ricerche si basano sull’importanza del contatto fisico per i neonati, che diviene bisogno fisiologico vitale necessario allo sviluppo.

Nella sua elaborazione del concetto di “carezza”, Berne, afferma che rappresentano il “segno del riconoscimento” da parte dell’altro: l’essere umano ha bisogno di carezze, ha bisogno di essere visto, di conseguenza poco importa se queste siano positive o negative, è comunque indispensabile ricevere una qualunque forma di riconoscimento.

Qualsiasi tipo di carezza è meglio di nessuna carezza” (Joines, Stewart, 2000).

La maggior intensità delle carezze si rileva nell’ “Intimità”, intesa come la relazione tra due individui nel quale c’è un maggiore coinvolgimento emotivo, ci si ritrova completamente coinvolti e scoperti, motivo per cui è anche il modo più imprevedibile e rischioso di strutturare il tempo all’interno di una relazione.

Tale tipo di relazione, dunque, sarà caratterizzata sicuramente da una comunicazione più intensa.

Ogni comunicazione tra due persone, in fondo, si basa sulla trasmissione di messaggi, anche mediante semplici transazioni. “La transazione è l’unità del rapporto sociale” (Berne, 1964).

La comunicazione avviene attraverso il linguaggio verbale ed il linguaggio non verbale, caratterizzato dunque da vari elementi osservabili, quali: lo sguardo, il tono della voce, la prossemica, l’abbigliamento, la mimica facciale, la postura, la gestualità. I medesimi elementi consentono di individuare, oltre il messaggio che si vuole trasmettere, anche le componenti della comunicazione, che sono essenzialmente tre:

la componente Emotiva/Motivazionale, riguardante il perché si sta comunicando;

la componente Cognitiva, relativa al contenuto del messaggio;

la componente Comportamentale, ovvero il modo in cui si sta comunicando, dunque verbale e/o non verbale, e la coerenza tra le due modalità suddette (Rubino V., 2011).

Queste componenti della comunicazione sono fondamentali anche all’interno del colloquio clinico, nel quale lo strumento fondamentale è proprio la relazione tra il paziente ed il terapeuta. In questo genere di relazione, infatti, anche il terapeuta si mette in gioco attraverso la relazione, pur mantenendo il focus sempre sul paziente. All’intero della terapia il discorso si mantiene non-direttivo, in modo da facilitare la libertà di parola. Un elemento molto importante nella relazione terapeutica è rappresentato dalla comunicazione non verbale, che riveste un ruolo fondamentale mostrando aspetti latenti (Joines, Stewart, 2000).

Ad oggi i cambiamenti sociali a livello mondiale dovuti all’emergenza del Covid-19 rappresentano sicuramente una rivoluzione delle dinamiche sociali. Quelle azioni solitamente svolte con naturalezza all’interno di un rapporto interpersonale hanno certamente subito delle modificazioni, così come per esempio il modo in cui ci si saluta, modi di fare, tutto ciò che all’interno di un’interazione si ritiene abituale ai fini della comunicazione. Un oggetto simbolo di tali cambiamenti in questo periodo storico è la mascherina, la quale cela una parte del volto negando agli altri di poter cogliere dei dettagli espressivi, fino a poco tempo fa ritenuti scontati, come un semplice sorriso (Redazione, 2020). Indossare la mascherina crea sicuramente una situazione di disagio. In base agli studi esistenti, emerge che la presenza della mascherina appare come un impedimento fisico “alla piena espressione facciale delle emozioni”, trovando maggiori difficoltà a riconoscere e capire le emozioni che si provano o l’intensità di queste ultime.

È necessario prendere in considerazione tali riflessioni anche per quanto concerne la relazione terapeutica. Focalizzandoci sulla terapia vis a vis, e dunque tralasciando gli aspetti legati alle terapie online, all’interno della stanza di terapia è fondamentale applicare delle modificazioni del setting.

Non avendo la possibilità di osservare tutto il viso della persona che abbiamo davanti, può essere interessante porre maggiore attenzione alla fisicità del corpo dell’altro, dunque alla postura del paziente, a cosa comunica la posizione specifica del corpo del paziente in un dato momento. È possibile enfatizzare anche il linguaggio del paziente, portarlo ad esprimere a parole le proprie emozioni, verbalizzando ciò che sente (Alibrandi M., 2020).

La mascherina diviene un vero e proprio “altro” all’interno della relazione d’aiuto, oltre alle difficoltà collegate all’impossibilità di vedersi in pieno volto e quindi l’inevitabile fastidio conseguente, tale oggetto esterno sul viso rischia di divenire “un vero e proprio terzo all’interno di una relazione a due” (Cicconi A., 2020).

Tuttavia, per rendere efficace il rapporto terapeutico e non perdere di vista l’importanza della cura intrinseca alla relazione duale, uno strumento funzionale può essere quello di cogliere gli aspetti “positivi” di questa “nuova forma” di terapia, notando quegli elementi che possono solitamente sfuggire all’attenzione del terapeuta, come la gestualità del paziente, o ciò che è inevitabilmente enfatizzato mediante l’utilizzo della mascherina, ovvero lo sguardo, “restituendo agli occhi il valore di ‘specchio dell’anima’” (Alibrandi M., 2020), contattando, quindi, la parte più intima del paziente attraverso i suoi occhi, cercando di raggiungere quell’intimità tale, affermata da Berne, che possa rendere la relazione terapeutica spontanea ed autentica.

“Comunque ci si sforzi, non si può non comunicare.” Paul Watzlawick

 

Dott.ssa Monica Mattia Russo Psicologa

 

Bibliografia

Berne E., (1964),  A che gioco giochiamo?, Bompiani.

Berne E., (1979), Ciao!… E poi? La psicologia del destino umano, Bompiani.

Bowlby J., (1969), Attaccamento e perdita- Vol. 1 l’attaccamento alla madre, Fabbri Publishing, Milano.

Stewart I., Joines V. (2000), L’analisi transazionale – Guida alla psicologia dei rapporti umani, Garzanti, Milano.

 

Sitografia

Alibrandi M., (08/07/2020), Come percepisco le mie emozioni quando indosso la mascherina: embodied cognition ed implicazioni terapeutiche, https://www.stateofmind.it/2020/07/percezione-emozioni-covid19/.

Cicconi A., (09/05/2020), La mascherina nella relazione terapeutica, http://www.cicconialessandro.com/2020/05/la-mascherina-nella-relazione.html.

Gargione G., Meluzzi A. (presentazione di), (2015), Manuale di Psicologia-La teoria neocognitiva, http://ebookgratuitiperte.altervista.org/.

Mazzucchelli L., (15/01/2013), L’importanza delle relazioni: nessun uomo è un’isola, https://www.psicologo-milano.it/newblog/relazioni/.

Redazione, (04/05/2020), Coronavirus, rivoluzione nei rapporti sociali: “Con la mascherina cambia tutto”-Intervista alla sociologa: “Ridefinire le relazioni con l’altro nei gesti, parole e azioni”, https://www.firenzetoday.it/cronaca/contatti-sociali-relazioni-coronavirus-mascherina.html.

Rubino V., (10/11/2011), La comunicazione efficace, https://www.psicologi-italia.it/disturbi-e-terapie/comunicazione/articoli/la-comunicazione-efficace.html.